Belém, la COP nella foresta che non si cura

Mentre si avvia la COP30 a Belém, la città amazzonica scelta come sede, emergono già – prima ancora dell’apertura ufficiale – le contraddizioni e criticità che minano la credibilità dell’evento. E se già si comincia male, il finale sarà peggio!

1. Ospitare la COP… distruggendo la foresta

La scelta di Belém è stata motivata dal suo essere porta d’ingresso dell’Amazzonia”, simbolo della lotta alla deforestazione e alle emissioni globali. Tuttavia, la realtà dipinge un’altra immagine.

  • Le infrastrutture preparatorie alla COP includono una nuova autostrada a quattro corsie che attraversa una zona protetta: un primo esempio del paradosso dell’evento. El País+1

  • La città ha perso vaste porzioni del suo manto arboreo urbano: Belém risulta tra le capitali brasiliane che più hanno subito deforestazione urbana negli ultimi vent’anni. Sumaúma

  • Il sistema fognario e di trattamento delle acque è drammaticamente carente: per esempio, solo una frazione molto piccola delle acque reflue della città viene trattata. news.mongabay.com+1

In sostanza: mentre il mondo si riunisce per salvare la foresta, la foresta – e la città che la ospita – viene trattata come vetrina. Questo scenario fa emergere il rischio che la COP30 diventi una “fotografia perfetta” per diplomatici e media, ma con poco impatto reale.

2. Infrastrutture e disuguaglianza: chi partecipa davvero?

Un summit globale come la COP dovrebbe essere inclusivo: governi, comunità indigene, società civile, movimenti dal Sud del mondo dovrebbero avere pari opportunità di partecipazione. Ma a Belém le condizioni logistiche mettono a rischio questa equità.

  • Il numero di alloggi disponibili è inferiore alle aspettative: circa 36.000 posti letto per 50.000 partecipanti stimati. brasildefato.com.br

  • I prezzi degli alloggi sono alle stelle, rendendo proibitiva la partecipazione per molte delegazioni, soprattutto di paesi più poveri. Le Monde.fr+1

  • L’infrastruttura urbana (trasporti, servizi igienico-sanitari) è inadeguata per accogliere un evento di tale portata, il che mette in svantaggio chi non è “invisto”. theecologist.org

Questo crea una COP “a due velocità”: da una parte i grandi negoziatori, le delegazioni ricche, i media; dall’altra, quelli che – pur avendo molto da dire – rischiano di essere esclusi.

3. Giustizia ambientale e diritti delle comunità indigene

Uno dei temi centrali in Amazzonia è il rapporto tra foresta, comunità tradizionali e sfruttamento delle risorse naturali. Tuttavia, a Belém si devono segnalare rischi e mancanze significative.

  • Sono state registrate operazioni clandestine di estrazione aurifera nella regione del Pará, con oltre 2.000 minatori attivi in siti non autorizzati. Monica Piccinini+1

  • Il controllo ambientale e dei diritti fondiari appare debole: la narrazione internazionale di un “standing forest” contrasta con la realtà locale. theecologist.org+1

  • Il summit rischia di diventare “evento degli Stati” e non abbastanza di comunità indigene, popolazioni tradizionali, che sono tra le più vulnerabili agli impatti climatici.

Una COP che non mette al centro la giustizia ambientale rischia di essere solo perfetta nei titoli dei media.

4. “Legacy” urbana o “lavaggio verde”?

Le grandi opere – acquedotti, strade, riqualificazioni urbane – vengono presentate come eredità positiva della COP. Ma molti dubbi restano:

  • Numerosi progetti restano incompleti o poco efficaci, e le periferie povere della città restano gravate da mancanze strutturali. news.mongabay.com

  • Alcune iniziative promozionali mostrano alberi finti e installazioni estetiche che nascondono l’assenza di un vero impegno per la vegetazione urbana. Sumaúma

  • Il rischio concreto: che a fine evento restino investimenti “monumento”, pensati per l’immagine, anziché infrastrutture per la vita quotidiana della popolazione.

5. Impatto climatico reale vs. simbolico

Infine, una COP efficace dovrebbe produrre risultati ambientali concreti: riduzione delle emissioni, fermo della deforestazione, protezione delle foreste, sostegno alle comunità vulnerabili. I segnali che arrivano da Belém non sono rassicuranti.

  • Il segretario generale delle Nazioni Unite ha già definito il mancato controllo del riscaldamento globale come «fallimento morale». The Guardian

  • Troppo spesso, le decisioni rimangono su carta, e i tempi di attuazione non sono compatibili con l’urgenza climatica.

  • Ospitare la COP nella zona amazzonica può essere simbolicamente potente, ma se non accompagnato da politiche strutturali sarà solo un’immagine vuota

Conclusione

Per i movimenti ambientalisti  la COP30 di Belém rappresenta una doppia sfida: partecipare al processo globale sul clima e vigilare, criticamente, perché non diventi una passerella vuota. È necessario che vengano messe al centro la giustizia climatica, la protezione delle foreste e delle comunità indigene, l’accessibilità reale ai partecipanti da tutto il mondo, e un vero impegno a lasciare dietro di sé un’eredità ambientale e sociale.

Se tutto ridurrà a farsi le “foto nella foresta” con “alberelli finti” e infrastrutture fatte per pochi, la COP30 sarà solo uno spreco di risorse e di speranza, e non un modello di sviluppo sostenibile, equo e forest-friendly per l’Amazzonia e per il pianeta. Guardiamo oltre le scenografie. Là c’è il mondo reale.