di Danilo Del Bello – A tutti è noto il famoso proverbio: se una giornata inizia bene, è probabile che finisca bene. Ma è vero anche il contrario. I primi atti concreti del ministero della transizione ecologica e del ministro Cingolani non rappresentano certo un buon inizio, con l’autorizzazione di ben 11 pozzi , fermi dal 2014, per nuove trivellazioni, dalla Sicilia, Abruzzo, Emilia Romagna, Veneto, alla ricerca di idrocarburi, gas metano e petrolio. Altro che transizione green! Un ennesimo favore alle multinazionali estrattiviste e all’industria del fossile, la riproduzione di ciò che è causa dell’emergenza climatica e di tutte le emergenze che attraversano il nostro drammatico presente. Per altro, le “tendenze “di questo nebuloso mattino sulle reali intenzioni del governo si vedono anche nell’ultima azione repressiva in Val di Susa per aprire la strada ai lavori della Torino-Lione. Fin da subito abbiamo intuito la “ finzione green” che ha scatenato la corsa all’ oro del Recovery Fund: dalla permanente centralità strategica del gas, che assume la forma indecente di progetti legati alla costruzione di nuove centrali o che viene mascherata dalla produzione di idrogeno blu (non rinnovabile, a differenza dell’idrogeno verde ricavato per elettrolisi dall’acqua) ed il suo stoccaggio attraverso la cattura di CO2, dove sono previsti grandi investimenti per il ccs a Ravenna, nonostante la problematicità già rilevata in altri paesi, Spagna, Stati Uniti, Germania su questa tecnologia, per i costi e la sicurezza, così anche per quanto riguarda il trasporto e distribuzione dell’ idrogeno attraverso le condutture del gas. Insomma, cominciano a palesarsi tutte le criticità delle opzioni messe in campo dalle multinazionali, Eni , Snam e la fitta rete di interessi politici ed economici che attorno ad esse si annoda…per salvare capra e cavoli, i grandi investimenti sul gas con una finta tinteggiatura di “green”…per ottenere i fondi europei e nell’attesa messianica dell’ idrogeno verde, nel 2050! Non siamo più in tempo, con questi tempistica, per cercare di evitare le soglie catastrofiche dei mutamenti climatici, peraltro già in corso, secondo i rapporti stessi dell’ipcc e di autorevoli scienziati di tutto il mondo.
La domanda banale è: ma perché questi soldi non vengono impiegati fin da subito per una vera transizione green, per una fuoriuscita immediata dal fossile e da tutte le sostanze climalteranti, per lo sviluppo di comunità energetiche autonome e territoriali, per la democrazia energetica contro il monopolio centralizzato delle grandi multinazionali? L a risposta la sappiamo, ciò non toglie che questo groviglio di contraddizioni sia un vero e proprio “campo di battaglia”, i cui esiti non sono per niente predeterminati e molto dipende dalla nostra iniziativa, dalle lotte e dalle proposte che siamo in grado di mettere in campo. Le condizioni per costruire azioni coordinate in campagne si moltiplicano, in primis lungo la riviera adriatica contro i nuovi pozzi e dove Ravenna acquista sicuramente un valore centrale e strategico.