Aspettando Z/G: dove finiscono i Pfas della Miso?

di Alberto Peruffo * – Serata molto importante ieri sera a Lonigo. Cercherò in breve di riassumere i vari punti salienti e fare qualche puntuale considerazione su quello che non si è potuto dire a fine sera, al microfono. Troppi relatori e molti dati, dopo una dura giornata di lavoro, fatta sempre di dati, con un moderatore che si dichiara “padrone di casa” nel mentre parli, fin troppo premuroso di ringraziamenti verso gli intervenuti, senza un minimo di contraddittorio da parte sua (quasi avessero ottemperato al titolo annunciato nella conferenza: BONIFICA), non aiutano certo ad esprimersi. Soprattutto se non si è in gran forma per le contingenze della giornata, due ore di auto per arrivare, in ritardo, e un carico enorme di parole pronunciate dai relatori, alcune delle quali davvero lontane dai fatti. Ma su questo inappropriato lessico gerarchico e sulla relativa modalità frontale delle cosiddette assemblee, in calce. In breve le note positive e quelle dolenti.

1. Parto con chi ha chiuso. La giurista Marcolungo è stata molto chiara: «la MISO (messa in sicurezza operativa) non è una bonifica». Ieri sera si è parlato di MISO e non di bonifica. Dunque, aggiungo io, in generale, siamo andati piuttosto fuori tema. Certo, apprendendo dettagli sulla “MISO Droli” che non sapevamo, dicendo di fatto niente sulla bonifica, se non il

preliminare. La giurista ha poi sottolineato che bisognerà approfondire non solo le responsabilità dirette (quelle degli inquinatori), ma anche quelle indirette (quelli che dovevano “contenere” gli inquinatori). Ha poi siglato questa definizione: «siamo di fronte a una CATASTROFE AMBIENTALE EPOCALE». Non c’è molto da aggiungere, di fronte a tali parole di pietra, se non che abbiamo perso 9 anni da ciò che la legge prevedeva per l’implementazione della MISO, dopo l’autodenuncia nel 2013 da parte di Miteni. Omissione amministrativa? Alla giurista la risposta.

2. L’idrogeologo Droli ha spiegato il suo progetto di MISO, mediante una captazione differenziale a più livelli, con tre barriere in atto. Direi un ottimo progetto, spiegato bene, a prima vista funzionale, che sottoporremmo comunque ai geologi dell’Università di Padova, nostri consulenti. Già nostri osservatori – collegati in streaming – hanno sottolineato che la MISO così espressa, fatta di grandi pompaggi e continua manutenzione, porterebbe ad un grande dispendio di energia, quindi oneri economici, in tempi poco favorevoli alle strutture energivore. Inoltre le CSC (Concentrazioni Soglia di Contaminazione), citate da Droli, entro cui scaricare l’acqua contaminata, non sono state ancora propriamente (legalmente) determinate per i pfas, a seguito di studi scientifici, se non come “pareri ministeriali”. Gli auguro buon lavoro.

3. L’Arpav – i tecnici operativi e altri dettagli rivelati dall’ing. Strazzabosco, in prima linea dal principio dell’emergenza – hanno ben spiegato gli approfondimenti in essere – progressivi – sul sito Miteni. Pure a loro auguriamo buon lavoro.

Ora le note dolenti.

4. Sul Decommissioning Miteni il nuovo Dirigente Arpav del Dipartimento di Vicenza non ci ha convinto molto, nonostante le spiegazioni avute da Giandon, consulente della Regione. Se il Soggetto Privato (prima Miteni, ora la proprietà indiana) – per varie ragioni (Covid, Guerra Russia-Ucraina, impianti zeppi di “merda” chimica, parole del consulente, fuori campo) – tarda a smantellare gli impianti per rispettare il principio di CHI INQUINA PAGA, noi nutriamo forte perplessità. Ho provato a dire al microfono che forse sarebbe il caso che le Autorità della Regione e dello Stato prendessero di petto la questione SMANTELLAMENTO impianti (siamo nel 2023, a breve!), anticipando intanto maestranze e soldi, e poi, in un secondo momento, pretendere il risarcimento. Ho chiesto l’intervento del Commissario per l’Emergenza PFAS, ma Giandon ha sottolineato che il Commissario era (al passato) solo per gli acquedotti. Ma noi, popolazione, siamo o non siamo in “emergenza sanitaria”, con tutto quello che dimostrano gli studi sulla salute? Un recente studio che pubblicheremo – Dott. Saugo e c. – mostra che parlare di TDI (dose giornaliera, o settimanale, tollerabile di contaminante) per le ZONE CONTAMINATE NON HA SENSO, soprattutto perché sono bioaccumulabili e i soggetti delle astratte TDI, normalizzate dagli studiosi, non sono valide per una popolazione altamente esposta. CHIEDIAMO QUINDI AI PARLAMENTARI DEL VENETO CHE FACCIANO UNA MOZIONE PER CHIEDERE UN COMMISSARIO PURE PER LA BONIFICA, O PER ACCELERARLA PRESSO IL MINISTERO COMPETENTE, dunque un’autorità di emergenza che si muova non solo per gli acquedotti, ma anche per il sito contaminato. Non possiamo essere sottoposti per altri 3, 5 o più anni alla perdita continua di sostanze che si bioaccumulano nei nostri organismi. Soprattutto se esse sono presenti nei pozzi privati, nelle acque irrigue, attualmente FUORI CONTROLLO in tutta la regione contaminata (lasciata alla libera coscienza degli agricoltori). Dove sono le autorità

osannate ieri sera su questo tema legato a filo stretto non tanto e solo con la MISO, ma soprattutto con la bonifica vera e propria? E perché Zaia al posto di spendere 80 milioni per la pista di Cortina non li spende per mettere in sicurezza centinaia di migliaia di persone? Vuoi scommettere che finiranno prima la pista di Cortina prima della reale bonifica della Miteni? Scieremo sui nostri cadaveri.

5. Nota dolentissima. Il nuovo Direttore dell’Arpav Tomiato non ha risposto all’unica domanda che concretamente gli ho fatto: a Legnago SI INCENERISCONO O NON SI INCENERISCONO I PFAS? Questa domanda nasceva dal fatto che egli ha dichiarato che tutti i pfas sottratti mediante i pozzi di emungimento (le barriere idrauliche) non sono trattati in Veneto, dove non sono state date nuove AIA per incenerire i pfas. Ha assicurato che non ci sono impianti di incenerimento (nuovi o vecchi, non si è capito) in Veneto. Ecco la ragione della mia domanda, essendo Legnago in Veneto, avendo una fabbrica che da molti anni “incenerisce” i reflui dei carboni attivi, prima quelli della Miteni e ora degli acquedotti, con milioni di euro di appalto. Carte alla mano. Il nuovo Direttore si è trincerato dietro alle parole tecniche di RIGENERAZIONE, PRESSURIZZAZIONE e poi COMBUSTIONE… Sperando che noi prendessimo paura. E ha assicurato che i NOE non hanno rivelato niente dall’indagine in corso nei camini Chemviron, di Legnago. Bene, ho sottolineato io. Siamo a conoscenza del procedimento, perché l’esposto dell’indagine è a firma nostra. Non discuto qui se ci sono o non ci sono pfas tra i prodotti della rigenerazione-combustione. Sui dati dell’indagine, vogliamo vederli, compreso il metodo di analisi e le unità di misura, già “cannate” alla Miteni anni fa. Tuttavia, ho chiesto per la seconda volta, state “combustendo” o no PFAS a Legnago? Non ci interessa se lo state facendo bene o male. Questa combustione è o non è un incenerimento? NON HO AVUTO RISPOSTA. Dal vertice dell’Arpav! Perché non si dice che in Veneto c’è incenerimento di pfas, volevo chiedere. E se a Legnago ci fosse e non fosse sicuro, visto che vi riempite la bocca con la parola “sperimentazione” – volevo aggiungere – state SPERIMENTANDO – se riuscite a incenerire pfas oppure no – SULLA PELLE DELLE PERSONE? Magari gli stessi pfas che state emungendo nella MISO spiegata ieri sera? Sulla combustione il Direttore non ha risposto e sulle domande conseguenti quindi non ci siamo inoltrati. Sta di fatto che il Direttore dell’Arpav HA NEGATO PUBBLICAMENTE CHE I PFAS ESTRATTI dalla Miteni (o dagli acquedotti del Veneto, poco cambia) SIANO INCENERITI IN VENETO, dalla Chemviron o chi altro. Chiediamo al Noe di indagare e alle autorità regionali di confermare questa dichiarazione per noi assolutamente non corrispondente ai fatti. Lo diciamo con documenti in mano, allegati al nostro esposto, di cui il Direttore non sapeva, che ha fatto partire l’inchiesta Chemviron.

6. Tra il punto dolente sopra c’è un passaggio di merito, che produce una nota dolentissima. Prendiamo atto dai tecnici dell’Arpav – molto preparati – che l’Arpav da ieri sera ha utilizzato il verbo EMUNGERE e il composto lessicale “pozzo di emungimento” per dire che stanno filtrando le acque, ossia che c’è in opera una BARRIERA IDRAULICA atta a contenere l’inquinamento. Il composto lessicale – lo dico ai giudici della Procura di Vicenza – è stato la giustificazione dell’Arpav usata da tutti i direttori precedenti per giustificare la loro “svista” sulla barriera idraulica del 2005. Tutti ricordiamo il balbettio del direttore Guolo di fronte alle domande di Fracasso, durante la Commissione Consiliare d’Inchiesta Regionale sui Pfas. Cade con questa nuova presa di atto lessicale la difesa dell’Arpav per l’operato nel 2006, quando le autorità di controllo potevano fermare la fabbrica. Tant’è.

7. Ultima cosa. Il Comune di Trissino. Non è vero quello che dice il Sindaco di Trissino, ossia che loro sono fortunati perché la contaminazione provocata dalla Miteni non coinvolge l’abitato di Trissino. Se è vero per gli acquedotti, non è vero per la contaminazione storica della prima sede della Rimar, in cima alla collina, e non è neppure vero per la contaminazione via aria della nuova Rimar di Via Colombara, futura Miteni, in basso, al confine tra Trissino e Montecchio. La Miteni aveva un inceneritore che ha “bruciato” quintalate di pfas e che probabilmente non raggiungeva le stesse temperature degli inceneritori di Legnago, anche questi molto dubbi. La mia conseguente considerazione sul POTERE DEI SINDACI nel tutelare la salute dei propri cittadini è stata fatta in modo civile, “invitandolo” a fare di più. Certo, ho pure detto che sarebbe stato bello che ci fosse stato Ramina, purtroppo assente, ricoverato in ospedale (non lo sapevo: è stato “urlato” mentre parlavo; quando sono arrivato, in ritardo, è stato giustificato come assente per indisposizione, malattia, da chi ho sentito parlare). L’ho detto perché essendo stato Ramina assessore all’ambiente per decine di anni a Trissino, avrebbe potuto raccontarci di questo potere dei sindaci, le COMPETENZE AMMINISTRATIVE per fermare o controllare meglio le fabbriche come la Miteni, recidiva e sotto normativa Seveso – come fece nell’intervista per il documentario della Rai. Una illazione la mia? Un’inferenza da premesse false? Non credo proprio. Niente di personale, ma solo storia amministrativa. A prescindere dalla salute di Ramina. Auguro a Ramina di rimettersi quanto prima e di sentire presto la sua testimonianza sulla storia di Trissino in una conferenza pubblica. Postilla: sulla furia contro di me da parte del Sindaco Faccio, sulla sua rabbia inespressa, non mi esprimo. Dico solo che dovrebbe vergognarsi lui a dire a reagire come ha reagito, urlando (è un Sindaco, non un cinghiale), soprattutto a fronte di quello che ha detto con autocompiacenza su Trissino all’inizio – altrimenti ci spieghi perché la Dott.ssa Russo (umilmente presente in sala) ha chiesto un’indagine epidemiologica proprio a Trissino – e soprattutto dovrebbe interrogare la sua coscienza sul fatto che in questi anni avrebbe potuto fare molto di più – questa la mia libera critica politica – per tutelare le popolazioni a valle della Miteni, invece di piantare un Leone di Vetroresina autocelebrativo, che celebra un Veneto contaminato fino al midollo, perfino nei suoi simboli più autentici. Se la Miteni ha chiuso non è né per merito del Sindaco di Trissino né della Regione né della Provincia né dell’Arpav, ma da chi ha bloccato la narrazione tossica di Nardone davanti alla sede di Confindustria a Montecchio e nelle Commissioni Ambiente imbonitrici, ma soprattutto per merito di tutti i cittadini attivi che si sono mossi in questi anni su vari fronti per deteriorare la reputazione di una fabbrica oggi a processo per crimini ambientali.

Chiudo con una considerazione. Credo che sia ora di finirla con queste ASSEMBLEE FRONTALI, dall’alto verso il basso, dove un esercito di autorità, o supposte tali, si schierano sopra il palco e inondano di dati rassicuranti la popolazione, senza un minimo di corretto contraddittorio tra il relatore che finisce e il cittadino che si sente sommerso dai dati e deve aspettare ore prima di puntualizzare, nel mentre sarà sommerso dai dati dei relatori successivi. Fino ad annichilire il cittadino stesso. È una TATTICA INFIMA. Di cui non ne possiamo più. L’abbiamo scoperta e studiata. L’abbiamo visto nelle assemblee autoritarie di Brendola e in mille altre occasioni, come la Tav di Vicenza, martedì scorso. Nella mega-assemblea autoritaria di Brendola tutti assicuravano, la Dott.ssa Russo compresa, per poi dovere rimangiarsi le parole negli anni successivi. Lo stesso moderatore, che si presenta come “padrone di casa” e intima di non dire niente di scomodo, ancora prima che io cominci a pensare, e che mi accusa poi – dietro le quinte – pure di essermi alzato in piedi per andare fuori a prendere il microfono, mentre dovevo stare seduto, deve riflettere che quel

PADRONE DI CASA non esiste da nessuna parte in una società libera ed ecologica, neppure nelle nostre case private, specie se si parla di salute pubblica. Ed eravamo in una sala del Comune, ossia una casa “comune”, che travalica perfino il pubblico. Altro che casa tua.

Caro Bellieni, assessore di Lonigo, nessuno è padrone della nostra salute, tanto meno un “moderizzatore” che mi richiama perché mi sono alzato. Alzarsi in piedi di fronte a una gerarchia di autorità che si presenta in bella mostra è segno di coraggio e insubordinazione alle stesse autorità accreditate quando dicono cose non vere, come scritto nei punti 5 6 7. Ho fatto davvero fatica a stare seduto e non smetterò di alzarmi in piedi di fronte ai padroni delle nostre vite, come sono gli inquinatori, la finanza sporca, i politici collusi, la mafia bianca, i cittadini indifferenti, le autorità istituite che non mi convincono.

Ultima cosa, lo dico alle osannate mamme, per me troppo buone di fronte a questa ennesima presa in giro, per la bonifica ieri sera… da cui siamo ancora distanti anni luce… anzi, prima di dirlo, aggiungo che forse le autorità salite ieri sera in cattedra mirano neppure alla MISO, ma alla MESSA IN SICUREZZA PERMANENTE (MISP), citata ieri di “sfroso”, una bonifica light, farlocca, che erediteranno i nostri i figli quando le gigantesche palancole mostrate con fierezza ieri sera da Giandon degraderanno. Senza dire che “tombinare” la Poscola, senza spostarla come già fatto a monte, potrebbe forse significare il permesso di poter scaricare acque poco filtrate su acque superficiali, non consentito in falda. Bella mossa. Dico – con tutto il bene che voglio a quelle toste – che nel mentre di “quando le mamme si incazzano” – non si sono mai incazzate veramente, vedi il discorso oscurato e censurato sull’incenerimento a Legnago, o il dialogo imbonitore, quello celebrato ieri sera dal Padrone di Casa e altre cose simili – “i mariti sono al bar”. QUANDO LE MAMME SI INCAZZANO [lessico gerarco-patriarcale usato da un regista poco attento] I MARITI SONO AL BAR a bersi un bel bicchiere di prosecco. Probabilmente pieno di pesticidi e pfas. Però buono, calibrato, di colore paglierino, tipico del veneto-veneto profondo, quello che ti addormenta sul lungo termine. Piano piano, dolcemente, lo sorbi. Va giù che è un piacere. In piena decantata “autonomia”, dentro la sicurezza del bar e poi, della propria casa, quando riemerge, sotto forma di rutti, appena rientri dalla moglie. Un bel prosecco, frizzante. Per brindare alla bonifica. Aspettando Zaia. Ops, aspettando Godot.

Che mai arriverà. Buone cose. a_

*Per la leggerezza del Padrone di Casa che mi ha obbligato a presentarmi (non ho visto e non vedo la necessità di farlo, essendo un “semplice cittadino” che si è alzato dal pubblico, che avrebbe fatto domande e considerazioni), mi ripresento. Certo avrei dovuto rispondere “semplicemente”: il Signor Nessuno, o meglio, come scritto ora, un “padre contaminato”. Ma stanco e a disagio per la conduzione servile (caro conduttore, il “dialogo” non è solo belle parole, ma anche sano conflitto e opposizione, se si vuole crescere), ecco, ho sbagliato, e mi sono lasciato prendere la mano. Sprecando parole. Le mie piccolezze. A volte grandi. Ma dovute all’arroganza melliflua di un conduttore che entra nella scena pfas arrivando dal nulla senza conoscere neppure di striscio le persone che sono in prima linea da anni. Avrebbe potuto dire: passo la parola al rompicoglioni – di Peruffo, ndr – che si è alzato in piedi. Io avrei detto: senza i rompicoglioni – perdonatemi la volgarità patriarcale, ma con qui ci vuole, visto le premesse linguistiche imbonitrici – la Miteni sarebbe ancora lì. Tutto si sarebbe risolto in

allegria e qualche critica costruttiva, anche dura. Senza pacche sulle spalle. A fine serata. Per ritornare il giorno dopo alla nostra TDI quotidiana. Come oggi. Per chi vive sotto l’incubo della Miteni.

* padre contaminato*

Gentilmente tratto da Pfasland