Hanno impegnato il loro tempo libero per mesi i volontari dalla Lac e dall’Enpa sezioni di Vicenza in collaborazione con il Gruppo di Intervento Giuridico veneto, per setacciare in lungo e in largo il territorio ad est della provincia alla ricerca di strutture abusive adibite ad uso venatorio.
Il risultato ha fatto emergere una realtà di abusivismo e sprezzo dell’ambiente di proporzioni colossali, le postazioni rilevate sono centinaia, ricomprese nei territori da Breganze a Salcedo, da Mason Vicentino a Marostica, da Bassano del Grappa passando per Campolongo sul Brenta a Romano d’Ezzelino, salendo sul massiccio del Grappa per arrivare fino a Liedolo in provincia di Treviso.
I rilievi effettuati hanno permesso di portare alla luce altane, torrette e capanni serviti abusivamente ed illegittimamente per massacrare centinaia di migliaia di animali.
I seguaci di Diana non hanno esitato a costruire le torrette in prossimità dellestrade, nonostante la legge preveda delle distanze ben precise per praticare l’attività venatoria, non c’è stata alcuna esitazione nemmeno a tagliare grossi rami ed alberiper aprirsi il fronte, e pertanto, la possibilità di avere una linea di tiro a 360 gradi, tutto ciò togliendo al paesaggio importanti parti di natura che costituiscono un patrimonio di tutti, compresi turisti ed escursionisti che annualmente visitano i boschi della Provincia, come pure non c’è stato nessun indugio a lasciare centinaia di bossoli e di borrette abbandonati sul suolo.
Decine e decine le irregolarità di natura urbanistica e paesaggistica rilevate dalle autorità territorialmente competenti,Carabinieri del G.T.A. di Treviso, il Corpo Forestale dello Stato, gli uffici urbanistici dei vari comuni e, per gli aspetti di competenza, le varie Procureattivatesi a seguito degli esposti effettuati dalle associazioni animaliste e ambientaliste.
Irregolarità riscontrate anche nei confronti dell’ambiente circostante come il ritrovamento nelle prime colline diMarostica (VI) di centinaia di bossoli bruciati a terra, i quali, hanno sprigionato nell’aria pericolose tossine derivanti dalla bruciatura della plastica di cui sono costituiti, tutto ciò in spregio della salute dei cittadini residenti nelle vicinanze.
Ecco quindi che, dopo i comuni del nord-ovest vicentino, nei quali le costruzioni censite sono risultate, nella quasi totalità, completamente prive di autorizzazioni urbanistico-edilizie e paesaggistiche, si scopre che anche il nord-est della provincia non è immune da tanto scempio.
Le torrette e altane rinvenute, vere e proprie postazioni sopraelevate alte anche 20-30 metri dal suolo, erano realizzate dai cacciatori, con ferro, legno, plastica, lamiere e teli, costruite sia sui boschi, per la caccia ad ungulati e cinghiali, sia sui crinali dove si concentra la migrazione dei passeriformi; decine le vecchie postazioni abbandonate nel più totale degrado con pezzi pericolosamente arrugginiti e penzolanti.
Grazie al preciso e certosino lavoro effettuato dai volontari delle associazioni ambientaliste ed animaliste, ora tutto quello scempio non esiste più, nei confronti dei proprietari delle costruzioni e ai proprietari dei terreni su cui sorgevano sono stati, infatti, avviati procedimenti per l’irrogazione di sanzioni per violazioni urbanistiche ed edilizie, e se per molti il reato si è estinto con la rimessione in ripristino delle aree soggette a vincolo paesaggistico, diversa è la sorte toccata a chi dovrà rispondere di reati di natura penale.
Per risolvere il problema dal punto di vista edilizio-paesaggistico, lo scorso luglio, laRegione Veneto ha approvato una legge per la costruzione dei capanni e delle altane per la caccia agli ungulati e al cinghiale che prevede una semplice comunicazione al comune riportante il sito in cui verrà insediato l’appostamento e nulla di più; questa delibera è stata prontamente contestata dalle Associazioni ambientaliste le quali, a seguito di richiesta di impugnazione al governo, hanno ottenuto il risultato di veder accolte le loro rimostranze con la conseguente impugnazione avanti la Corte Costituzionale della legge regionale.
a cura del Gruppo d’Intervento Giuridico – Veneto
http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com
“I capanni di caccia devono sparire non solo dalle campagne padovane ma da quelle di tutto il Veneto – ha dichiarato Michele Favaron – Dopo anni di sopraffazioni e di illegalità, la Giunta regionale veneta è stata messa spalle al muro e ha dovuto fare la delibera n. 1393 del 30 luglio 2013, per cui i capanni da caccia privi di titolo edilizio (praticamente tutti) dovevano essere smantellati entro il 28 febbraio 2014. Nessuno lo ha fatto. I cacciatori pensavano di farla franca ancora una volta… ed invece molti di noi sono letteralmente scesi in campo”.
Segnalate quindi i capanni inviando a grigveneto@libero.it:
– mappa (schermate, screenshot, google earth e google maps,…)
– eventuale rilievo GPS
– riferimenti stradali più vicini e località
– foto del capanno (ravvicinate e d’insieme) anche addossando la pagina di giornale con la data visibile
– note eventuali
Tutto questo in concomitanza con la consegna, da parte della LIPU, delle 50 mila firme contro l’uso vigliacco degli uccelli da richiamo, pratica strettamente connessa con la caccia da capanno.
Mandiamoli tutti a casa!
Grazie a tutti quelli che ci aiuteranno!! Aspettiamo le vostre segnalazioni.