Beppe Caccia, dalla sua pagina di Facebook (che vi invito caldamente a seguire) l’ha definita “una lettera indecente”. A noialtri, che siamo molto meno signorili del consigliere della lista In Comune, vengono in mente epiteti assai più coloriti. Ma la lettera con la quale il presidente del Consorzio Venezia Nuova, Mauro Fabris, chiede al Governo di non interferire sulla realizzazione dell’opera è, oltre a tutto quello che sottolinea Caccia e che riportiamo sotto, anche e soprattutto un ammissione di colpevolezza.
In sostanza Fabris fa questo ragionamento: le inchieste della magistratura sono una cosa, il Mose un’altra. I politici, dice Fabris, sono corruttibili (soprattutto gli amici suoi, potremmo obiettare noi), lo si sa. Ma se vogliamo che i lavori delle paratoie mobili continuino, il Governo si guardi bene dal commissariare il Consorzio o, peggio ancora, far le pulci agli appalti, addentrarsi nella giungla delle consulenze ed effettuare verifiche scientifiche sull’opera. Come dire: il carrozzone politico affaristico che ci ha regalato il Mose deve essere tutelato a tutti i costi, altrimenti il Mose non si fa. Perseguitiamo pure gli uomini, ma difendiamo il sistema.
Lo stesso ex Magistrato alla Acque, Patrizio Cuccioletta, ha ammesso a i magistrati che, grazie alla capillare corruzione da parte del Consorzio di cui lui è solo una povera vittima, non c’è mai stato alcun serio controllo scientifico sul progetto delle paratie mobili. Questo perché, se ci fosse stato, il progetto non sarebbe stato avviato. Per questo e non per altro, la corruzione era e continua ad essere una “politica” necessaria.
A far scrivere la “lettera indecente” al boss del Consorzio, quindi, è stata la paura che le indagini della magistratura spingano l’opinione pubblica a chiedere una verifica tecnica, autorevole e soprattutto indipendente e non corrotta – come mai è stato fatto – sulla validità del progetto. E magari qualcuno potrebbe anche domandarsi da dove sono venute tutte quelle deroghe alle valutazioni di impatto ambientale, pure previste dalle normative, che hanno fatto volare il mostruoso progettone sulle ali di milionate di euro.
Il punto è che, come per tante altre Grandi Opere, il nemico principale del Mose sono la trasparenza sugli appalti, il rispetto dei vincoli ambientali, l’approccio scientifico sulla validità della realizzazione, la possibilità di scelta di chi vive sul territorio. Che poi sono quattro aspetti di quella cosa che, a parer nostro, altro non è che democrazia partecipata dal basso. Il sistema della concessionaria unica che funge allo stesso tempo da controllore e controllata, è stato studiato apposta per bypassare questi quattro “impicci” sull’onda di vagonate di finanziamenti pubblici.
Per questo Fabris si è appellato a Renzi. Se arriva la democrazia, noi andiamo a casa.
Ultimo aspetto cui accenna anche Caccia, chiedendo una sospensione immediata dei lavori, sono i “pesantissimi dubbi dal punto di vista tecnico-scientifico, dalla questione delle cerniere a quella della risonanza” che gravano sul sistema delle paratie mobili.
Davvero vogliamo affidare la sicurezza di Venezia e quella dei suoi abitanti a un progetto pensato e realizzato solo in funzione di un sistema integrato e capillare di corruzione?
I disastri, ricordiamocelo, non sono mai naturali.
Di seguito, le osservazioni di Beppe Caccia
INDECENTE LA LETTERA DI FABRIS A RENZI: SCANDALOSO IL TENTATIVO DI SALVARE IL SISTEMA E DI SOTTRARRE IL MO.S.E. A VERIFICHE RIGOROSE
La lettera del presidente del Consorzio Venezia Nuova Mauro Fabris al presidente del Consiglio Matteo Renzi è una delle cose più indecenti che si siano viste nelle ultime due settimane.
Innanzitutto per la posizione personale del mittente, cui andrebbe suggerito un più sobrio silenzio. Invece di pretendere garanzie dal Governo, Fabris dovrebbe dare un bel po’ di spiegazioni sui rapporti intrattenuti negli ultimi vent’anni con la cricca che guidava il Consorzio. Dovrebbe immediatamente, ad esempio, rendere pubblico il contratto di “consulenza strategica” – di cui ha parlato l’ing. Piergiorgio Baita – che Fabris avrebbe ottenuto per sé dallo stesso Consorzio e spiegarci se il contratto era valido e retribuito anche per gli anni, decisivi per l’approvazione del progetto Mo.S.E., in cui si trovava a ricoprire il delicato incarico di sottosegretario ai Lavori Pubblici e svariati ruoli parlamentari e commissariali.
In secondo luogo, per l’arroganza con cui pretenderebbe di salvare, insieme a se stesso, tutto il “sistema”, quello della concessione unica dello Stato per le opere di salvaguardia che ha regalato il monopolio su queste al pool di imprese private del Consorzio, in condizioni di totale, criminogena opacità. Chi – in sede di ministero per le Infrastrutture – avrebbe già assicurato a Fabris che il Consorzio non verrà mai commissariato e tantomeno sciolto? Lo stesso ministro Lupi, sulla cui scrivania stanno transitando decisioni cruciali per il futuro della Laguna? E il presidente Renzi non ha nulla da dire al proposito?
Terzo, ma non meno importante, per la volontà di sottrarre i cantieri delle dighe mobili a qualsiasi verifica rigorosa, autorevole e indipendente, sulla sicurezza dell’opera in via di realizzazione, sulla sua efficacia rispetto agli obiettivi dichiarati, sulla congruità dei suoi costi, quelli sostenuti e quelli da sostenere. Il presidente del Magistrato alle Acque Cuccioletta ha ammesso che, grazie alla capillare corruzione da parte del Consorzio, non c’è mai stato alcun serio controllo sul progetto Mo.S.E.: non può pertanto essere conclusa e messa in funzione, come se nulla fosse, un’opera su cui gravano pesantissimi dubbi dal punto di vista tecnico-scientifico, dalla questione delle “cerniere” a quella della “risonanza”. Serve invece un’immediata sospensione dei lavori per procedere a tutte le necessarie verifiche.
Beppe Caccia
consigliere Lista “in comune”