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Referendum costituzionale, ecco perché gli ambientalisti devono votare NO

Non è solo sul futuro del bicameralismo paritario, che saremo chiamati a decidere domenica 4 dicembre.

La revisione del Titolo V della Costituzione nasconde un tentativo – vergognosamente mascherato sotto il velo della “riduzione del numero dei parlamentari” e del “contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”, che si legge nel quesito referendario – di espropriare democrazia ai territori per accentrarla nelle mani di un apparato governativo che – qualsiasi sia il suo colore politico – è sempre di più un obbediente e prono portavoce dei dettami della finanza.

Basti solo pensare che l’introduzione della clausola di “supremazia statale”, tanto cara alla Boschi e Renzi, su temi come l’energia, le infrastrutture, il governo del territorio, avrebbe reso impossibile condurre battaglie come quelle, vinte, per l’acqua pubblica e contro il nucleare o come quella, persa ma che comunque qualche risultato lo ha ottenuto, sulle trivelle.

Il disegno renziano di accentramento del potere non può essere accettato supinamente da chi si definisce ambientalista e crede in un allargamento della democrazia capace di includere i territori in cui conduce le sue battaglie, e si batte per una società slegata dai condizionamenti di un sistema economico che ha causato la crisi e i cambiamenti climatici.

Una visione di un futuro possibile e indispensabile, totalmente in contrasto con quella che sta proponendo il premier Matteo Renzi con questa riforma raffazzonata e, volutamente, poco chiara che si inserisce nell’ondata populista e antidemocratica che, proprio grazie al democratico strumento del voto (che non significa affatto “partecipazione”), sta investendo il mondo intero e che ha portato all’affermarsi di partiti filo nazisti in tanti Paesi dell’est europeo, alla Brexit in Gran Bretagna e all’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti.

Una ondata che ha come principale nemico l’ambiente e coloro che si oppongono alla sua devastazione e trasformazione in merce. Perché altro non è che il riflesso politico dei cambiamenti climatici.

Per questo, oltre 150 comitati territoriali, dai No Tav ai No Muos, da Stop Biocidio a Medici per l’Ambiente – la lista completa la potete leggere a questo link – hanno deciso di prendere posizione contro la riforma costituzionale con un appello. Una scelta doverosa per difendere non soltanto la pratica di rappresentanza contro chi vorrebbe arrogarsi il potere di scegliere i membri del senato, ma anche il diritto di poter continuare a lottare dai nostri territori per difendere salute, ambiente, diritti e beni comuni. In altre parole, per difendere la democrazia. Quella vera. Quella dal basso e partecipata, come solo chi ama, rispetta e cura l’ambiente in cui vive la può intendere.

“La riforma Costituzionale formalizzata dal Governo Renzi, e sostenuta da Confindustria e dalle lobbies finanziarie ed economiche è un attacco diretto alla nostra possibilità di decidere sul futuro delle nostre vite e dei nostri territori. – si legge nell’appello – Un ulteriore e definitivo attacco da parte di quello stesso Governo che, in spregio ai valori della democrazia, ha sbeffeggiato con un #ciaone gli oltre 13 milioni di persone che il 17 Aprile scorso hanno votato per un modello energetico libero dal petrolio”.

Domenica 4 dicembre, gli ambientalisti sbarrando la casella del No sulla scheda, avranno la possibilità di restituire il #ciaone a Renzi ed ai suoi referenti finanziari lanciando un segnale forte che affermi che, se si deve ammodernare la Costituzione, lo si faccia come hanno fatto Germania, Spagne e Francia, introducendo la tutela dell’ambiente, il principio di precauzione e la difesa delle generazioni future.

Tutte cose verso le quali la riforma renziana marcia in senso opposto, partorita come è da un sistema economica che si basa ancora sull’aggressione e sulla mercificazione dei beni comuni e delle risorse ambientali.