L’orto attivo che difende il clima

La rivoluzione passa per l’orto. È la rivoluzione dell’agricoltura bioenergetica, presentata a Ecofuturo2017, con l’addio ai tradizionali metodi di coltivazione e lavorazione, offensivi della terra. Il futuro sono le tecniche agricole non invasive e sostenibili

FAUSTO DEL CONTE
La rivoluzione passa per l’orto. Non parliamo del lancio degli ortaggi verso la politica, ma dalla rivoluzione dell’agricoltura bioenergetica, presentata a Ecofuturo2017 che si materializza nell’addio ai tradizionali metodi di coltivazione e lavorazione, offensivi della terra e nel futuro delle tecniche agricole non invasive e sostenibili. «Sono particolarmente contenta di iniziare l’inaugurazione del festival con l’orto bioattivo, perché il punto centrale del nostro assessorato all’ambiente sarà quello di riportare al centro l’agricoltura urbana, fatta sul nostro territorio, sostenibile, biologica, pulita.- ha detto il Assessore all’ambiente e lavoro Chiara Gallani di Padova – Qui ad Ecofuturo ci sono molti esempi da cui ripartire e ottime proposte per l’amministrazione». È un progetto, quello dell’orto bioattivo sviluppato in Toscana, a Firenze, da NOA Food (Nutriente, Organico, Rigenerativo) in collaborazione con lo Chalet Fontana di Firenze. L’idea nasce dal concetto di riproduzione del terreno boschivo, una condizione naturale, selvatica e priva di concimi chimici che se utilizzati neutralizzerebbero la vita del sottosuolo.

«Oggi i concimi chimici non rigenerano più la terra, ma nutrono direttamente la pianta, trasformando il suolo in un supporto neutro sempre più mineralizzato e privo di vita. E’ importante sottolineare come, per questa via, si realizzi una procedura che costituisce una costante dell’agricoltura industriale: la sostituzione di processi spontanei, naturali, con dispositivi tecnici, la surrogazione di un’economia della natura», ci dice il dottor Andrea Battiata, agronomo e consigliere della Società Toscana di Orticultura.

Il suolo è già all’origine è ricco d’organismi il cui lavoro, a causa delle lavorazioni e quindi alla sua ossigenazione che è dovuta alla lavorazione classica, viene alterato. L’agricoltura tradizionale, usa sostanze estranee per la coltivazione e interrompe l’azione degli essudati radicali, che sono i residui organici e le attività chimiche di batteri, funghi e lombrichi, generando uno squilibrio nutritivo che le pratiche agricole comuni devono compensare con l’applicazione di fertilizzanti e concimi di sintesi per limitare i danni. Questa compensazione artificiale, però ha un effetto temporaneo: il suolo si impoverisce aumentando le probabilità di sviluppo di patogeni e crea dipendenze alle piante.

Continua a leggere su La Stampa