Il prezzo verde del potere: dieci anni di devastazione firmati Zaia

Dalla Pedemontana al consumo di suolo, dalla cementificazione costiera alla gestione delle acque, il “modello Veneto” raccontato da Luca Zaia come un successo amministrativo nasconde un volto ben meno scintillante: quello di una regione dissanguata da decenni di politiche ambientali miopi, dove il profitto immediato e la rendita fondiaria hanno avuto la meglio sulla tutela del territorio e sul futuro delle comunità locali. Eccovi un bell’elenco di devastazioni ambientali targati Zaia.

Il cemento come religione
In Veneto ogni secondo si perdono due metri quadrati di suolo naturale. È un primato di cui la Regione può vantarsi solo in negativo. Nonostante le leggi nazionali e gli allarmi di ISPRA, la giunta Zaia ha continuato a favorire piani urbanistici comunali espansivi, varianti “ad personam”, capannoni e centri commerciali.
Dal Prosecco ai poli logistici lungo la A4, l’imperativo è stato costruire, non rigenerare. L’ultimo bilancio ISPRA fotografa una realtà drammatica: oltre il 12% del territorio regionale è ormai impermeabilizzato. Pianura padana trasformata in parcheggio.

La Pedemontana: una ferita lunga 94 chilometri
Emblema di questa visione è la Superstrada Pedemontana Veneta, il più costoso progetto infrastrutturale regionale mai realizzato, voluto e difeso da Zaia come “opera del secolo”. Ma dietro l’asfalto si nascondono costi ambientali enormi: boschi cancellati, falde compromesse, espropri forzati, aumento di traffico e inquinamento.
Un’infrastruttura che ha divorato colline e vallate, mentre il trasporto pubblico languiva. Oggi l’opera è anche un buco nero finanziario, coperto da contributi pubblici per miliardi e da pedaggi che non coprono nemmeno i costi di gestione.

PFAS: la bonifica fantasma
Il disastro PFAS, che ha avvelenato le acque di mezzo Veneto, resta una delle pagine più nere della storia recente. Eppure, la risposta della Regione è stata timida, tardiva e spesso ostacolata da una visione minimalista della responsabilità politica.
Le bonifiche procedono a rilento, la falda resta contaminata e migliaia di cittadini continuano a bere acqua filtrata, mentre la giunta Zaia preferisce parlare di “gestione efficace dell’emergenza”. Di fatto, nulla ha scalfito la rete di potere e connivenze che ha permesso per anni lo sversamento industriale della Miteni.

Laguna e grandi opere: l’assedio continua
Sulle coste e nelle lagune, il dogma dello sviluppo non conosce tregua. A Venezia e Chioggia, tra terminal offshore e porti turistici, si moltiplicano progetti di “valorizzazione” che significano, in realtà, distruzione.
La laguna viene considerata come una zona economica speciale da sfruttare, non come un ecosistema fragile da proteggere. I progetti di nuovi terminal, impianti e darsene continuano a spuntare anche nei siti protetti, mentre la Regione resta immobile o, peggio, complice.

Il Prosecco e il paesaggio violato
La monocultura del Prosecco, brand identitario della giunta Zaia, ha trasformato le colline patrimonio UNESCO in distese di vigneti intensivi. Pesticidi, erosione, perdita di biodiversità e sfruttamento del lavoro agricolo sono gli effetti collaterali di una corsa all’oro enologico senza regole.
Dietro la narrazione del successo economico si cela un modello agricolo che consuma acqua, avvelena i corsi d’acqua e cancella le colture tradizionali.

Un greenwashing istituzionale
Zaia si presenta spesso come il “governatore green”, amante degli animali e promotore di un Veneto “sostenibile”. Ma la realtà amministrativa racconta un’altra storia: zero investimenti strutturali nella mobilità dolce, tagli alle risorse per i parchi naturali, deregolamentazione urbanistica sotto la bandiera della “semplificazione”.
Nel 2023 la Regione ha approvato una legge che permette nuovi ampliamenti edilizi anche in aree agricole, con la scusa del “rilancio post-Covid”. Il Piano energetico regionale, invece, continua a puntare su inceneritori e centrali a gas, mentre le rinnovabili restano marginali.

C’è un Veneto che resiste
Contro questo modello predatorio si muove un fronte diffuso di comitati, associazioni e cittadini. Dai No Pedemontana ai difensori della Laguna, dagli ambientalisti che denunciano l’abuso di fitofarmaci ai giovani dei Fridays for Future. È nelle loro voci che sopravvive un’idea alternativa di Veneto: un territorio da custodire, non da sfruttare.Dopo oltre un decennio di governo leghista, il bilancio ambientale del Veneto è quello di una regione ferita: più inquinata, più cementificata, più fragile. E mentre la propaganda celebra l’efficienza e la “libertà veneta”, il paesaggio, la salute e la qualità della vita pagano il conto.
Zaia lascia in eredità non un modello, ma un monito: quando la politica si piega agli interessi dei poteri forti, la natura diventa il primo e l’ultimo ostaggio.