Fuori da Kyoto. Erano in pochi, nel nostro Paese, a nutrire ancora illusioni sul raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto che abbiamo sottoscritto nel 1997, ma in attesa dei dati definitivi, sperare era ancora lecito. Adesso però non ci sono più scusanti. Le statistiche diffuse dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) non ci lasciano scampo. E va sottolineato che i dati del 2012 sono particolarmente significativi perché concludono l’intera serie storica delle emissioni dal 1990 al 2012. Quello trascorso infatti è l’ultimo anno del primo periodo del Protocollo di Kyoto che spaziava dal 2008 al 2012, appunto. L’Italia si era impegnata a a ridurre in questi cinque anni le emissioni medie di gas serra del 6,5% rispetto ai valori registrati nel 1990 ma nei fatti non è andata oltre il 4,6%. Un fallimento, figlio di una politica economica che non ha mai realmente puntato sulle energie alternative e ha continuato a ripercorrere gli errori di una economia basata su cemento e Grandi Opere, giustificata con lo spauracchio di una crisi per combattere la quale ogni strategia di “sviluppo” diventava lecita.
I dati diffusi dall’Ispra in un incontro con la stampa svoltosi ieri a Roma non sono ancora ufficiali perché bisognerà attendere che questi vengano validati dall’Unfccc, il tavolo dell’Onu dedicato al cambiamento climatico. C’è ancora la possibilità che questi possano subire delle piccole modifiche in positivo non appena verranno considerate alcune statistiche peculiari del settore forestale italiano dove i parametri ambientali sono positivi, ma si tratta, al massimo, dello spostamento di qualche 0,1 percentuale che non modificherà il totale fallimento italiano. Resteremo comunque in debito di 16,9 milioni di tonnellate di Co2 che, come prevede il Protocollo, saremo costretti ad “acquistare” sul mercato delle emissioni. Un vero e proprio “debito economico” che il Governo sarà obbligato a riportane del Documento di Economia e Finanza (Def) e che può essere monetizzato all’incirca ad un euro a tonnellate. Come dire, che dovremo mettere a bilancio almeno 17 milioni di euro per acquistare crediti a quelle nazioni che – loro! – gli obiettivi che si sono prefissati sono riusciti a raggiungerli.
Quello che davvero nessuna economia potrà pagare invece, sono gli irreversibili disastri che saranno provocati in tutto il pianeta da un Climate Change oramai avviato e di cui, adesso, nessuno più dubita.
Quelli li lasciamo tutti in eredità alle future generazioni.