Da oltre trentanni è richiesto alle Regioni di adottare un proprio Piano Paesaggistico. La Regione Veneto è ancora ben lontana dal portare a termine l’impresa, tuttavia, per come è stato impostato il lavoro, non c’è garanzia che i mega-interventi che stanno distruggendo il nostro paesaggio troverebbero in questo Piano un ostacolo. Pubblichiamo a questo proposito l’intervento di Gianni Sandon.
Il Piano Paesaggistico (PP) è uno strumento fondamentale sotto molti aspetti per la gestione del territorio regionale. Ed è oltretutto obbligatorio, almeno dal 2004 col Codice dei Beni Culturali (ma già lo imponeva dal 1985 la legge Galasso).
La nostra Regione non ha ancora adempiuto a quest’obbligo. E stando anche a quanto si è sentito nel corso dell’ennesimo convegno sul tema, il 28 scorso, proprio in Regione, ne siamo ancora molto lontani.
La quale Regione, dalla sua, ha una grossa fortuna: che su temi come questo l’attenzione dell’opinione pubblica è purtroppo pressochè nulla. Altrimenti il suo operato sarebbe al centro di critiche spietate. Bisognerebbe elencare i tanti provvedimenti presi e poi abbandonati, i tanti, ripetitivi convegni organizzati, le pubblicazioni diffuse, i tanti e ben retribuiti incarichi assegnati (per centinaia di migliaia di euro).
Con quale risultato? Vicino allo zero. In sostanza si è completato (ma non ancora del tutto) la cosiddetta ricognizione dei vincoli esistenti. Operazione che in realtà dovrebbe essere considerata normale amministrazione (come si fa a non avere un quadro aggiornato dei provvedimenti di vincolo presi in passato?).
Pare che il PP debba consistere nella “vestizione” di questi vincoli, cioè nella scrittura delle regole da far valere nelle aree vincolate. Ma a parte lo sconcerto per questa tardiva operazione, c’è da chiedersi, tra l’altro, se tutto il resto del territorio, quello non espressamente vincolato, sia destinato a restare escluso dal PP. Lasciando così scoperte aree comunque preziose.
Se questo è preoccupante per l’intera Regione, per l’area dei Colli lo è doppiamente. Intanto perchè vengono escluse da una regolamentazione tutte le aree preparco (e quanto questo sia importante lo si può vedere con riferimento a micidiali operazioni come il centro commerciale vicino al Catajo). Ma anche per un motivo sul quale non possiamo non richiamare la massima attenzione di tutti.
Nei nostri Colli i vincoli paesaggistici sono stati posti fin dai lontanissimi anni 60 e a più riprese sono stati “vestiti”. Una disciplina attentissima e approfondita l’ha introdotta in particolare il Piano Ambientale del Parco, Piano fondato proprio sull’analisi del paesaggio, (individua e analizza 26 “unità di paesaggio” e 45 “ambiti di interesse paesistico”).
Ebbene, qual è la deleteria strategia che la Regione sta portando avanti? Che se da un lato con tutto il suo apparato di tecnici e collaboratori sta facendo della inutile accademia attorno a questo tema dei vincoli, dall’altro ha progettato l’attacco mortale al Piano Ambientale, soprattutto proprio riguardo al paesaggio.
Con la sua proposta di riorganizzazione dei parchi lascia infatti al Parco solo la competenza sulla “natura”, ma gli toglie appunto quella sul paesaggio sia con riferimento al PA (che dovrebbe essere rifatto curando solo gli aspetti naturalistici) che alle autorizzazioni paesaggistiche (che dovrebbero essere delegate ai singoli Comuni). Un vero e proprio “delitto”, anche sul piano storico-culturale.
E in chiusura un esplicito rammarico: che a fare da stampella a queste scelte della Regione sia anche, tra gli altri, il mondo accademico (sia di Padova che di Venezia). Appiattito sugli incarichi e silenzioso sugli effetti pratici di questa inefficiente e perversa politica regionale.
Gianni Sandon
Comitato Difesa Colli Euganei
la foto di copertina è di Manuel Favaro