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Comincia la battaglia per difendere il nostro futuro dalle trivelle. A Venezia si costituisce il comitato per il Sì

Votare Sì per difendere il nostro mare, il nostro futuro e anche il nostro lavoro. Perché, checché ne dicano i fautori del no, l’economia di domani sarà tutta sulle rinnovabili e i combustibili fossili, Cop21 ci insegna, appartengono al passato dell’umanità.
Quello sul quale gli elettori saranno chiamati ad esprimersi, domenica 17 aprile, è un referendum senza storia perché, contrariamente a quanto accaduto per l’acque e il nucleare, i sostenitori delle trivelle, che alla fin fine sono solo i petrolieri, non hanno nessun argomento valido da opporre alle tesi ambientaliste. Le attività estrattive contribuiscono al bilancio nazionale per appena 340 milioni di euro all’anno. Come dire che solo a fare il referendum si spende di più. In compenso, “regalano” al nostro Paese, inquinamento del mare e delle falde, subsidenza e un forte rischio ambientale.
Il “No” non ha ragioni da vendere e per questo punterà sulla disinformazione e sull’astensione. “A poche settimane dal referendum il 50 per cento degli italiani non sa neppure che si andrà a votare” spiega Michele Boato, del comitato per il Sì. Il lavoro degli ambientalisti e di quei partiti come i 5 Stelle, Sel, Verdi e anche la Lega Nord, (folgorata sulla via dell’ecologia?) dovrò puntare tutto ad informare gli italiani, a far sapere loro che domenica 17 si aprono le urne e che è importante depositarvi dentro la propria scheda.
Questa mattina a Venezia si è costituito il comitato Vota Sì per fermare le trivelle. Tra i presenti, oltre al Boato, Paolo Cacciari, Salvatore Lihard, Isabella Albano, Cristiano Gasparetto e altri.
“Non è solo una questione ambientale – ha rimarcato Cristiano Gasparetto di Italia Nostra – Si tratta di riprenderci in mano il nostro destino contro delle prese di posizione arbitrarie di un Governo che tratta i cittadini come sudditi”.
Come già dicemmo per l’acqua, si scrive “trivelle” si legge “democrazia”