Occorre strappare il Recovery Fund ai lupi travestiti da agnelli

di Danilo Del Bello – E’ chiaro a tutti che il Recovery Fund è la “madre di tutte le battaglie”, la ragione principale per la quale è caduto il governo Conte, tramite l’utilizzo di Matteo Renzi in qualità di cavallo di Troia. I ministri nominati da Draghi, quelli che contano, Transizione ecologica, mise, digitale, infrastrutture, configurano ciò che da sempre vuole la “governance” europea: una tecno-crazia oligarchica e decisionista, in grado di operare senza inceppi e mediazioni rispetto alle esigenze del grande capitale trans-nazionale e della finanza. Il completo svuotamento dei parlamenti e delle seppur labili tracce di “democrazia rappresentativa” non è certo una novità, visto il succedersi e riprodursi dei cosiddetti “governi tecnici”, che mai possono essere più intrinsecamente politici, dalla parte dei padroni e delle banche,” piloti automatici “della governance neoliberista!

La gestione dei fondi europei scatena una fame da lupi, non c’è dubbio, un assalto alla diligenza piena di soldi, miracolose conversioni sulla via di Damasco…lobbies, forze politiche, multinazionali, banche, tutti alla caccia del bottino! E’ la risposta del capitalismo alla sua crisi strutturale e sistemica, emersa con drammatica prepotenza nell’emergenza covid-19 e che svela tutte le contraddizioni di questo modo di produzione, dai cambiamenti climatici, all’ estrattivismo, la devastazione dei territori, dell’ambiente umano e non umano, l’aumento vertiginoso delle diseguaglianze sociali e della povertà. Il capitalismo cerca di salvare se stesso rilanciando il processo di accumulazione ma, nel contempo, si rende conto che qualcosa va cambiato nella sua “governance” ed il termine resilienza, assorbire l’urto e lo choc per poi compiere un balzo in avanti, lo sta a dimostrare. Come è tipico della choc-economy, così ben descritto da Naomy Klein: trasformare i disastri in nuove opportunità di investimento e di profitto per il capitale, assorbire le crisi senza rompersi per ritrovare il suo slancio vitale.

Le indicazioni del Recovery Fund danno una mano di pittura “green” e di falso Welfare (proprio coloro che l’hanno sistematicamente distrutto ed espropriato!) ad un edificio vecchio ed obsoleto, invece di cambiarlo dalle radici. Ma questo non lo possono fare…nessun potere politico ed economico nega se stesso, i suoi principi fondamentali. Lo possiamo fare solo noi, dal basso, continuando a lottare e costruendo movimenti radicali, che riescano ad incidere alla radice di un modo di produzione e ridistribuzione della ricchezza iniquo, che provoca sempre di più morte e distruzione, in nome del profitto e del denaro.

E’ evidente che le grandi mobilitazioni moltitudinarie in tutto il mondo contro i cambiamenti climatici e per la giustizia sociale, interrotte dall’esplosione dell’emergenza Covid, la miriade di comitati e forme di autorganizzazione sorti in difesa dell’ambiente, della terra, dell’acqua, dell’aria contro l’estrattivismo e l’uso dell’energia fossile, le straordinarie esperienze in America Latina di lotta e di difesa irriducibile della propria terra dal capitalismo predatorio e da governi corrotti e sudditi delle multinazionali, hanno inciso nelle agende dei governi.

Sono tutti strumenti intessuti in una vasta e potente rete di critica radicale al capitalismo. Certo, ancora frammentati, alla ricerca di una loro forma ricompositiva, ma ricordiamo sempre il “camminare domandando” degli Zapatisti, per un altro mondo possibile!

D’altra parte, non è certo una novità che le lotte incidono sempre sulla struttura del Capitale e sulle forme della sua “governance”: esse sono sussunte e rovesciate di segno, per diventare strumento di una nuova accumulazione e fonte di profitto. Così anche per la “green economy” dei poteri forti e delle multinazionali!

Il “Recovery Fund” si inserisce in questo quadro contraddittorio sia a livello europeo, sia per quanto riguarda il nuovo governo Draghi e le “armi della critica”, per parte nostra, devono affilarsi sempre di più.

Guardando la lista dei ministri “tecnici” della corte di Draghi, più che legittima è la logica del sospetto: chi sono?

Roberto Cingolani, personaggio oscuro, renziano-leopoldino, già al centro di polemiche per i consistenti finanziamenti pubblici all’istituto privato, da lui stesso fondato, ovvero l’Istituto italiano di tecnologia di Genova.

Un ruolo di primo piano in Leonardo, ex Finmeccanica, leader internazionale nella produzione ed export di armi ad alta tecnologia (anche verso l’Arabia Saudita, tanto amata, guarda caso, da Renzi). Ricordiamo le dichiarazioni di Cingolani nel 2018 in cui sosteneva che oggi ”il gas è il male minore”! Ma per quale transizione ecologica potrà mai lavorare uno che si circonda di uomini di Confindustria e fino a poco tempo fa sosteneva il gas in ogni sua sfaccettatura? Attenti al Lupo!

L’amministratore delegato di Leonardo è Aessandro Profumo, già presidente della banca Monti dei Paschi di Siena ed implicato nelle sue torbide vicende ed ha ovviamente esultato su Cingolani ministro del nuovo ministero per la transizione ecologica.

Vittorio Colau, ministro dell’innovazione tecnologica e della transizione digitale: al centro del programma i 5G, nuova frontiera di un enorme business capitalista, con una logica di imposizione dall’alto di miriadi di nuove antenne, senza tenere in alcun conto l’impatto sull’ambiente e la salute dei cittadini, di ogni principio di precauzione, degli innumerevoli studi di autorevoli scienziati sulla nocività delle onde elettromagnetiche. Rovesciando la celebre frase dei bravi in Manzoni, il matrimonio con il 5G SI DEVE FARE, COSTI QUEL CHE COSTI, nella maniera più veloce e rapida possibile, eliminando ogni opposizione di comuni, enti locali e territoriali, comitati di cittadini, come recita il manuale del decisionismo tecnocratico.

Giorgetti al MISE: conosciamo fin troppo bene la posizione della lega sulle grandi opere, la TAV è emblematica, ma non solo: inceneritori, svendita dei territori ai privati, cementificazione, autostrade…

Ovviamente, non possiamo considerare questi ministeri slegati l’uno dall’ altro, nè mettere in rilievo la fitta trama di interessi trasversali, politico-economico-finanziari, che li attraversano.

Le “condizionalità” che pone L’Europa delle banche cosa andranno a condizionare?  Il legittimo sospetto è una necessità vitale. E’ necessario sviluppare dal basso organismi di controllo sociale e territoriale su come saranno usati i soldi del Recovery Found, per strapparli dalle mani dei lupi famelici e dai predatori di ogni tipo, affinchè siano impiegati per il bene comune, una vera transizione energetica fuori dal fossile e dall’estrattivismo, per la cura, la salute, il miglioramento della qualità della vita per tutti, la messa in sicurezza dei territori dopo decenni di devastazioni e speculazione privata, contro le grandi opere inutili e dannose per quelle opere che mirano al benessere dell’ambiente e delle comunità umane. Per noi, il Recovery Found deve diventare un “campo di battaglia”, un orizzonte di lotta.